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Anche Gandhi, oggi, avrebbe inviato armi all'Ucraina?

         “In No alla guerra ma le armi vanno inviate (La Stampa, 6.3.22) il teologo Vito Mancuso aveva arruolato, a favore dell’invio di armi all’Ucraina, addirittura Gandhi. La sua riflessione impiantava il problema, sostanzialmente, nei soliti termini dicotomici di scelta tra aiuto militare e nessun aiuto concreto. Evitava, cioè, la domanda fondamentale: se esistano altri modi possibili per sostenere un popolo invaso.      Il che, nel caso in cui si citi il maestro della nonviolenza, dovrebbe essere, a mio parere, proprio la prima domanda. Invece, in linea con il comune pensiero non-nonviolento , Mancuso cercava argomenti che giustificassero il ricorso alla violenza (ovviamente, violenza di difesa). In quest'ottica, egli citava il ben noto passo di Gandhi in cui, appunto per chiarire il dovere, in certi casi perfino di uccidere, viene ipotizzato il caso di un pazzo, cioè di una persona con cui non si riescano a trovare modi di interazione intell...

Corsa al riarmo: pericolosissima e inutile

       "Dopo la vittoria di Trump si stanno manifestando, in maniera tanto virulenta e radicalizzata quanto confusa e disorientata, posizioni che si intrecciano trasversalmente, rispetto alla guerra in Ucraina (e ai conflitti armati in generale), nei diversi schieramenti politici. 
      Tuttavia sia chi ha sostenuto che era impossibile una vittoria ucraina sui russi e bisognava essere prudenti, se non proprio negare, aiuti militari a Kiev (Lega, M5s) sia coloro i quali (quasi tutte le altre forze politiche) hanno puntato a un sostegno militare del governo di Zelensky, “fino alla vittoria”, poggiano su un preciso e condiviso assunto ideologico: è la forza militare dei paesi, la sua capacità di scatenarsi in guerra, che determina il predominio di qualsivoglia scelta politica. “Quante divisioni ha il papa?”, chiese Stalin, a Yalta; oggi i governanti europei si stanno affrettando, ognuno per sé, a darci i loro sconsiderati numeri. 

     Aung San Suu Kyi diceva: “Se si vuole la democrazia, bisogna incarnarne i principi; bisogna essere coerenti in politica. Se si vuole cambiare un sistema in cui la forza è lecita, allora devi dimostrare che il lecito è forza. Non si può utilizzare la forza per affermare ciò che si ritiene lecito e poi insistere che il lecito è la forza. Non si inganna la gente in questa maniera”.

     La leader birmana ribadiva, durante la lotta ai feroci e ottusi generali golpisti, quel rapporto strettissimo tra mezzi e fine su cui Gandhi aveva costruito la sua azione politica e la scelta della nonviolenza. I soggetti, quelli sinceramente democratici, in Italia, e in Europa, che si stanno dissennatamente schierando per uno spaventoso e pericolosissimo riarmo, funzionale a regolare con la guerra ogni conflittuale rapporto internazionale, non possono avere smarrito completamente la terribile lezione di ottant’anni di dopoguerra e gettare nel cestino il lascito fondamentale della nostra Costituzione, i valori sui quali è nata l’Europa unita e i pilastri sui quali è stata costruita l’Onu che nel suo Preambolo indicava chiaramente  (continua qui)"

Mimmo Cortese 


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