Flotilla, un'azione nonviolenta
"Ho tenuto per otto anni, presso l’Università di Palermo, un Laboratorio di Teoria e pratica della nonviolenza (di 3 CFU), tenendo anche specifici corsi per le Forze dell’Ordine, e ho svolto e continuo a svolgere, sia in questo ambito sia nel mio specifico settore scientifico-disciplinare (Lingua e letteratura greca), attività didattica e di ricerca legata alle tematiche della gestione nonviolenta dei conflitti, odierna e nella storia.
Sono anche iscritto al Movimento Nonviolento (associazione fondata nel 1962 da Aldo Capitini) e sono co-fondatore del suo Centro territoriale di Palermo. Ho manifestato per decenni a favore dell’autodeterminazione della Palestina oppressa dal terrorismo di Stato israeliano e ho sempre immediatamente condannato tutti gli atti terroristici provenienti dal fronte opposto e particolarmente quello che si è espresso il 7 ottobre 2023.
L’attuale iniziativa internazionale della Flotilla, finalizzata a superare, con mezzi esclusivamente nonviolenti, il blocco israeliano imposto sulla Striscia di Gaza e a instaurare un corridoio umanitario per garantire l’arrivo di aiuti alimentari e sanitari alla popolazione palestinese, ha avuto manifestazioni di sostegno da parte sia dall’opinione pubblica sia da enti istituzionali (comprese diverse università, tra cui quella di Palermo).
Chiariamo cosa significa “con mezzi esclusivamente nonviolenti”. L’espressione, per coloro che la adoperino in senso stretto e con consapevolezza del rischio che essa comporta per sé stessi, non si riferisce all’uso di armi limitato alla difesa; questo sarebbe un atto certamente lecito ma non nonviolento, che la nonviolenza di norma rifiuta perché la nozione stessa di “difesa” si rivela troppo spesso ambigua: lo mostra con chiarezza il fatto che essa viene tirata in ballo da tutte le parti in conflitto, ognuna delle quali ovviamente l’attribuisce a sé.
Per il paradosso a cui essa conduce, basti ricordare che perfino coloro che riconoscono (quando a ciò sono proprio costretti per la platealità della loro azione di attacco) di avere usato le armi per primi ricorrono solitamente alla categoria di “difesa”, che provvedono però a declinare nella forma mistificata di “difesa preventiva”.
Piuttosto, “con mezzi esclusivamente nonviolenti” significa “con mezzi fiduciosi nella forza simbolica e al contempo pragmatica dell’azione unilateralmente disarmata e nel sostegno dell’opinione pubblica, e attuati a esclusivo rischio proprio”. Sono mezzi utilizzabili soltanto da persone coraggiose e che per rispetto della vita altrui (di qualsiasi vita altrui) preferiscono mettere a repentaglio la propria.
Sono mezzi che hanno già dato più volte, nella storia, prova della loro efficacia e che le propagande nazionali non possono mistificare perché la parte che rinuncia anche alle armi di difesa non potrà essere accusata di avere intenzioni ostili e la violenza contro di essa sarà visibilmente un’aggressione non presentabile come “difesa preventiva”.
Ecco perché la Flotilla si dichiara ed è nonviolenta: perché, in un’ottica totalmente differente da quella bellica e bellicista dominante che vede solo “amici” o “nemici”, essa ha rifiutato unilateralmente – e dichiaratamente – alla possibilità di ricorrere alle armi in ogni caso e, in tal modo, non dà al Governo israeliano né motivo di temere nulla né di inventare propagandistiche idee di “difesa preventiva”.
Con un’azione di diplomazia popolare, cioè dal basso, essa si è prefissa il compito, che toccherebbe ai Governi – ma i Governi (pur riconoscendo l’indicibile tragicità di quanto sta accadendo a Gaza) non svolgono – di proteggere la popolazione civile palestinese.
E il fatto che gli equipaggi della Flotilla lo vogliano fare a rischio della propria vita non è minimamente scambiabile con irresponsabilità o sfida o desiderio di andare incontro alla morte: pensieri del genere possono essere concepiti solo da persone ignoranti (perché non conoscono altra logica che quella militare) o in cattiva fede (perché, non potendo screditare l’alto valore etico dell’azione, cercano di screditare almeno la lucidità di chi mostra tanto coraggio, che d’altronde non si sognano in generale di mettere in dubbio nel caso di chi per la difesa, vera o presunta, è disposto ad imbracciare le armi).
In tale contesto, mi stupisce molto, pertanto, che ci siano alti rappresentanti delle Istituzioni che quei pensieri li formulano espressamente o invitano i componenti della Flotilla a non mettere a rischio le loro vite in un’opera che è di immenso valore etico ma ha anche altrettanto valore pragmatico, e forse è proprio questo l’aspetto più fastidioso per chi ha una mentalità militarista.
Infatti, l’iniziativa della Flotilla mostra che, tanto più quanto più non si sia lasciati soli, operazioni di questo genere possono essere anche realmente sostitutive delle azioni militari più in generale (si pensi all’istituzione dei Caschi Bianchi, disarmati, progettati da Alex Langer al Parlamento Europeo negli anni Novanta del secolo scorso, e mai attuata in termini alternativi a quella dei Caschi Blu, armati).
Ed è per questo che la Flotilla non può semplicemente lasciare il suo carico di pace a Cipro, secondo la proposta del Governo che, benché sappia da tempo dell’iniziativa della Flotilla, la avanza solo ora, per evitare tensioni con uno Stato che si è macchiato di crimini tremendi e con cui, piuttosto, il conflitto dovrebbe, e avrebbe dovuto da tempo, con rispetto e diplomazia ma anche in modo assertivo e nonviolento, aprirlo.
La Flotilla non può lasciare il suo intero carico in un porto sicuro qualsiasi perché esso non è tutto materiale, il suo è un carico anche simbolico, di cultura relativa alla gestione dei conflitti alternativa a quella armata: è anche un carico fatto di paradigma di pensiero su come si può intervenire nella Storia senza violenza e senza far continuare le violenze.
Espressi in presenza di una situazione criminale che da parte dello Stato di Israele e del suo capo di Governo (non a caso sotto accusa presso la Corte Penale Internazionale) non sembra trovare limiti, i pensieri anzidetti mi appaiono molto simili a quelli di chi suggerisse a persone minacciate da criminali che non vogliono essere ostacolate nelle loro azioni di non intervenire per evitare di farsi male piuttosto che di impegnarsi a far cessare i crimini e di invitare chi resta in silenzio o inattivo a ribellarsi e a sostenere, badando solo a non produrre un’escalation di violenza, l’aggredito.
Siamo davanti a un paradosso: da un lato, possiamo insignire della medaglia d’oro al valore civile Willy Monteiro Duarte ucciso a calci e pugni per essere intervenuto in difesa di un amico o possiamo chiedere ai negozianti di non pagare il pizzo loro richiesto dai mafiosi, e da un altro possiamo dire agli equipaggi che puntano su Gaza di non mettere a rischio la loro incolumità… E dico ciò anche a prescindere dalla questione relativa all’appartenenza territoriale (rivendicata come palestinese o israeliana) delle acque antistanti la Striscia, perché in ogni caso stiamo parlando di un’azione il cui scopo umanitario è più che evidente e di uno Stato il cui Premier è quello di cui ho già detto.
Stupisce molto pure che il Governo italiano, in difesa (momentanea, cioè fino alla navigazione in acque considerate con certezza internazionali) di barche della Flotilla in cui sono imbarcati suoi cittadini e cittadine, abbia inviato una nave della Marina Militare. Mi pare, e così è se l’iniziativa intende essere nonviolenta, che la Flotilla non chieda affatto una scorta militare. “Nonviolenza” ovviamente non significa non armarsi e però chiedere di essere difesi con le armi: sarebbe semplicemente ridicolo. Né significa “allora il Governo non faccia nulla”.
Nonviolenza significa, nel caso in oggetto, operare come la Flotilla sta facendo e anche chiedere ai Governi di adire tutte le vie non armate per la protezione dagli attacchi israeliani delle persone imbarcate, oltre che dei civili palestinesi: legale, diplomatica, di boicottaggio e di pressione in qualsiasi forma possibile; e, per una protezione ancora più immediata e diretta sia sotto il profilo del soccorso sia sotto il profilo dell’informazione riconoscibile come imparziale (visto che il nostro Stato è “amico” di quello israeliano), chiedere ai Governi di accompagnare le imbarcazioni della Flotilla come “scorta internazionale nonviolenta” e “scudo umano internazionale” essa stessa (insomma, come forza di “interposizione”, in senso lato, tra due entità in conflitto una delle quali sta usando le armi e l’altra no) – a meno di non volere rischiare di dovere poi dare, con somma ipocrisia e serio pericolo per l’unità stessa dei loro Paesi, tante medaglie al valore…
Per quanto riguarda la questione relativa alla territorialità, anche nel caso peggiore, cioè che si trattasse (cosa molto dubbia) di territorio israeliano, si ricordi di nuovo l’‘attenzione’ che pende, da parte di organismi internazionali, sia giuridici sia politici, sul premier di Israele. I Governi – quello italiano in primis – non esitino a schierarsi a fianco di un’operazione di umanità e di pace.
Nessuno ‘sfida’ Israele, nessuno ha intenzione di creare attriti internazionali e nessuno (insieme di individui privati o entità statale che sia) ne creerà se agirà “per la pace, con mezzi pacifici”.
I Governi che intendessero procedere per le attuali vie pseudo-umanitarie (“do, forse, i viveri e nel frattempo non faccio niente per il cessate il fuoco”) vanno contrastati per la loro complicità, passiva o attiva, dall’opinione pubblica e da manifestazioni di massa continue, pacifiche e pronte a condannare seccamente, e già nel loro svolgersi, gli eventuali atti di segno contrario. Perché coloro che tali atti praticano non hanno una mentalità diversa da quella, violenta e vile, delle politiche istituzionali che contrastiamo."
Professore Andrea Cozzo - Movimento nonviolento - Centro di Palermo
da Pressenza
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