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Addio alle armi: XV Forum internazionale dell'altra Cernobbio

      L’alternativa del popolo della pace al riarmo: il 5 e 6 settembre si terrà il Forum dell’Altra Cernobbio. Un appuntamento che parte da analisi e confronto sulla situazione attuale, ma che 𝐡𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐨𝐛𝐢𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐟𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐢𝐥 𝐥𝐚𝐧𝐜𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐨𝐫𝐬𝐢 𝐝𝐢 𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐢𝐯𝐢𝐬𝐚. 𝐏𝐞𝐫 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐫𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐢 𝐚𝐥𝐥’𝐢𝐝𝐞𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐚𝐫𝐦𝐨 𝐞 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢𝐳𝐳𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐮𝐭𝐞 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐧𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢 𝐞 𝐚𝐝𝐝𝐢𝐫𝐢𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 “𝐨𝐛𝐛𝐥𝐢𝐠𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞”, ma portare al centro del dibattito una prospettiva di pace positiva e giustizia sociale.       Perché 𝐚𝐥𝐥’𝐄𝐮𝐫𝐨𝐩𝐚 𝐞 𝐚𝐥 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐞 𝐮𝐧 “𝐏𝐞𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐞𝐚𝐥” 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐨𝐩𝐨𝐥𝐢, 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀, 𝐚𝐦𝐛𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞, 𝐝𝐞𝐦𝐨𝐜𝐫𝐚𝐳𝐢𝐚 dalle scelte rapaci degli interessi armati. Saranno questi i contenuti, cruciali e non più rimandabili...

Il Movimento nonviolento a fianco degli obiettori di coscienza della Bielorussia

Report di una missione di pace per il rispetto del diritto europeo,   

                   

"Si è conclusa positivamente la missione politica a sostegno degli obiettori di coscienza, disertori e profughi dalla Bielorussia che cercano, ma non trovano, asilo e protezione in Unione Europea.

Siamo stati a Vilnius dal 20 al 24 agosto, ospiti della grande Peace Hous, sede dell’associazione bielorussa/lituana Our House, di Olga Karach, la leder femminista e pacifista, premio Alexander Langer 2023, con una delegazione della Campagna di Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento e della Scuola di Pace e Nonviolenza della Diocesi di Verona.

Ascoltare le vittime, farle emergere dall’invisibilità, dare loro voce, nomi, volti, è il primo passo per la ricerca di una soluzione nonviolenta dei conflitti.

Julia, Sergej, Natalia, Elena, Gleb, hanno raccontato le loro storie di vita, storie di oppositori politici perseguitati, costretti a fuggire dalla Bileorussia per salvare la vita. Storie di arresti, pestaggi, torture, fughe. E quando si erano illusi di aver trovato riparo, libertà, diritti, per potersi ricostruire una vita, è iniziata invece una nuova odissea, fatta di rifiuti, minacce, diritti negati, rischio di essere riportati nell’inferno da cui sono fuggiti.

Oggi sono profughi in esilio, senza documenti, senza lavoro, senza alloggio, ma erano professionisti, avevano una famiglia, affetti, una casa, una vita normale che non tornerà mai più.

La diaspora bielorussa, degli oppositori al regime dittatoriale di Lukashenko, è una realtà che l’Europa non vuole vedere, non conosce, non accoglie.

L’associazione Our House è il loro unico rifugio a Vilnius. Lì trovano i generi di prima necessità, ma soprattutto trovano ascolto, rispetto, dignità.

Per alcuni di loro era la prima volta che riuscivano a parlare, a raccontare, a liberarsi del peso di ciò che hanno subito, della violenza fisica e psicologica che hanno ricevuto sulla propria pelle e anima.

Ora chiedono solo il diritto di potersi ricostruire un’esistenza dignitosa. Chiedono l’asilo politico, per poter avere i documenti, e dunque un lavoro e una casa. Ma la burocrazia, l’ottusità, il disinteresse, la politica lituana, sempre più nazionalista, di chiusura, esclusione, li lascia in un limbo e li riduce all’invisibilità.

Il pezzo di carta che li riconosce come cittadini, non arriva mai, rimbalza tra commissione immigrazione, centri di detenzione, tribunali e uffici. Alcuni di loro sono obiettori di coscienza che abbiamo adottato come Campagna di Obiezione alla guerra. Seguiremo i loro casi, garantendo l’assistenza legale, il sostentamento, fino a raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti: il riconoscimento dello status di rifugiati politici per tutti gli obiettori, disertori che dalla Bielorussia, Russia e Ucraina cercano asilo e protezione nell’Unione Europea.

Un tema affrontato è stato anche quello del futuro dei bambini profughi. Si tratta di bambini bielorussi che escono da esperienze traumatiche, come irruzioni nelle loro case ad opera del Kgb, persecuzione e anche rapimenti dei loro genitori, pestaggi a altre forme di violenza subite a cui hanno assistito, tentativi da parte delle autorità bielorusse di toglierli alle loro famiglie ritenute non idonee all’educazione, a causa del loro impegno nel campo dei diritti umani e del peace-building. Ora questi bambini, riusciti ad espatriare clandestinamente con le loro famiglie, vivono esiliati a Vilnius e sono seguiti, per un recupero psicologico, dall’organizzazione Our House che ha dato vita a dei campi estivi, formativi, ludici, educativi.

In Bielorussia, le scuole insegnano una storia revisionista e preparano i bambini all’aggressione dall’Occidente. I giovani vengono indottrinati e costretti a partecipare ad attività militari, rendendo difficile per loro sfuggire a questa propaganda che fa il lavaggio del cervello. Lo stesso fenomeno di militarizzazione dell’istruzione, uguale e contrario, che sta avvenendo in Europa.

Olga Karach ha espresso preoccupazione per la “bielorussizzazione dell’Europa”, ovvero la diffusione in Europa orientale e nei paesi baltici di tendenze repressive simili a quelle affrontate in Bielorussia. Viene evidenziato quanto sia facile perdere la democrazia e quanto siano precarie le condizioni dei rifugiati bielorussi e russi in Lituania: “i bielorussi non sono al sicuro in Lituania e non sentono di aver ricevuto tutta la protezione necessaria”. Molti rifugiati bielorussi arrivano in Lituania dopo essere stati torturati in prigione e aver perso tutto, ma si ritrovano ad affrontare nuove difficoltà e a sentirsi insicuri, completamente abbandonati a se stessi.

Tre casi di obiettori di coscienza

– Gleb è obiettore anarchico, uscito dalla Bielorussia in modo regolare avendo un permesso di lavoro in Polonia come programmatore informatico, con un rinvio del servizio militare per motivi di salute. Mentre era all’estero, subito dopo l’inizio della guerra in Ucraina, la Bielorussia ha modificato la legislazione e i rinvii del servizio militare sono stati annullati, anche lui è stato richiamato. La Lituania ha sottoposto un questionario a tutti i cittadini russofoni chiedendo le loro opinioni politiche: Gleb ha risposto sinceramente, che lui è contro la guerra, che Putin ha invaso l’Ucraina ma che la Crimea la considera russa. Subito dopo la Lituania gli ha ritirato il permesso di soggiorno, dandogli due settimane per lasciare il territorio e tornare in Bielorussia. Gleb ora vive in clandestinità, ha fatto ricorso alla Corte Europea dei diritti umani dichiarandosi obiettore di coscienza, chiedendo asilo e protezione in Europa.

– Sergej è un rifugiato politico oppositore democratico di Lukashenko che ha dovuto abbandonare la Bielorussia per sfuggire alla persecuzione. Aveva svolto il servizio militare di 3 anni, pensando di fare il proprio dovere di buon cittadino, ma proprio per quello che ha visto (corruzione, disonestà, nonnismo, menefreghismo) ha iniziato una sua maturazione politica che l’ha portato, oggi, ad essere un attivista per la pace e la democrazia. Sta vivendo una situazione difficile perché la Lituania, cedendo alle pressioni bielorusse, gli ha ritirato il permesso considerandolo un pericolo per la sicurezza del paese. Ora ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato politico.

– Nikita è un disertore bielorusso di 19 anni che rischia la pena di morte se estradato, è un esempio lampante delle gravi conseguenze: la sua richiesta di asilo politico è stata rifiutata e lui è illegale in Lituania da più di un anno e può essere deportato in Bielorussia in qualsiasi momento, dove rischia la pena di morte.

Gli attivisti e i movimenti di pace bielorussi si sentono soli nella loro lotta. La solidarietà internazionale è cruciale per mantenere la speranza e la capacità di resistenza. Gli incontri e il sostegno da parte di gruppi internazionali sono una fonte vitale di ispirazione.

Per questo gli obiettori bielorussi sono immensamente grati per la presenza della delegazione italiana. È essenziale creare spazi transnazionali di democrazia, dialogo e resistenza contro la crescente spesa militare e la “militarizzazione della società”. Questi spazi sono fondamentali per contrastare il nazionalismo e costruire un futuro di pace.

Il Diritto all’Obiezione di Coscienza è principio fondamentale e universale capace di alimentare tutti gli altri diritti nella società. Gli obiettori di coscienza sono la chiave per fermare la guerra e costruire la pace. Oggi però gli obiettori di coscienza sono criminalizzati nella regione, indipendentemente dalla loro nazionalità. Olga Karach ha sottolineato il peso del sistema patriarcale che rende “quasi impossibile per gli uomini bielorussi, russi e ucraini dire no e non andare nell’esercito”. È fondamentale creare un nuovo approccio alla pace: “Dobbiamo creare un nuovo approccio di pace, perché possiamo fermare la guerra solo se tutti gli uomini di Russia, Bielorussia, Ucraina non vanno in guerra. È il modo più economico per fermare la guerra. È il modo più economico per salvare vite. È il modo più economico per riportare la pace.” Olga ha concluso dicendo che “l’obiezione di coscienza al servizio militare è un diritto umano fondamentale, in quanto rientra nel diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e religione stabilito dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dall’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti e doveri politici (ICCPR) e dall’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”.

La campagna internazionale ObjectWar, sostenuta da più di 120 associazioni, fra cui il Movimento Nonviolento, chiede che l’Unione Europea riconosca lo status di rifugiati politici agli obiettori di coscienza, disertori e profughi bielorussi, che dalla Lituania attendono in un limbo giuridico in centri per profughi la valutazione delle richieste d’asilo, e anche a chi si rifiuta di combattere in Russia e in Ucraina”. Chiede inoltre “il rispetto da parte dei paesi di provenienza degli obiettori richiedenti asilo del diritto all’obiezione di coscienza e la cessazione della propaganda bellica” e denuncia “un contesto globale sempre più complesso e militarizzato nel quale riemerge la leva obbligatoria in vari paesi europei come conseguenza delle guerre in corso”.

    Questa missione di pace a Vilnius, dell’agosto 2025, a sostegno concreto degli obiettori di coscienza bielorussi, fa seguito ad altre iniziative precedenti della Campagna di Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento:

    – nel dicembre del 2022 invito e ospitalità in Italia ad Alexander Belik, leader degli obiettori di coscienza russi;

    – nel febbraio del 2023 tour in Italia con le esponenti dei movimenti nonviolenti di Russia, Ucraina e Bielorussia (Darya Berg, Kateryna Lanko, Olga Karach);

    – nell’ottobre del 2024 tour in Italia dei testimoni di nonviolenza da Israele e Palestina (Sofia Orr e Daniel Mizrahi obiettori israeliani, Tarteel Yasser Al Junaidi e Aisha Amer, resistenti nonviolente palestinesi) del movimento israeliano Mesarvot e del movimento palestinese Community Peacemaker Teams, entrambi “gruppi misti”;

    – nel febbraio 2025 invito e ospitalità ad Alisa Skopintseva, portavoce del movimento russo StopArmy

    La Campagna, per proseguire le proprie attività e per poter continuare a sostenere concretamente la difesa legale degli obiettori di coscienza e i movimenti nonviolenti dei paesi in conflitto, ha bisogno anche del tuo sostegno:

    Contribuisci con un versamento su IBAN IT35 U 07601 117000000 18745455, intestato al Movimento Nonviolento, causale “Campagna Obiezione alla guerra”. Grazie.

In questo breve report abbiamo scritto prevalentemente degli aspetti politici, ma vi è un lato umano, che è più difficile raccontare, che è quello delle amicizie che nascono con gli attivisti per la pace che abbiamo conosciuto, russi, bielorussi, ucraini, israeliani, palestinesi, di cui abbiamo potuto apprezzare l’umanità, il coraggio, i sogni e le speranze, e gli indimenticabili momenti di convivialità, creati dallo stare insieme a tavola. Da loro, nonostante le difficoltà attraversate, in alcuni casi anche il carcere duro e le torture, non abbiamo mai sentito una sola parola d’odio. Abbiamo percepito invece l’amore per la propria terra da cui hanno dovuto fuggire, fatto di nostalgia e di lotta, riconoscenza per chi li ha ospitati e rispetto profondo per le terre altrui.

Ci hanno reso partecipi di tutto questo, e li ringraziamo dal profondo del cuore".

Mao Valpiana,  Presidente del Movimento Nonviolento

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