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Strategie dell'azione nonviolenta: il dialogo

Jean Goss        Il dialogo è l’arma più leggera e facile della nonviolenza. Il nonviolento non abbandona mai il dialogo. Ma se il dialogo viene rifiutato lui arriva addirittura a provocarlo. (…)      Ho partecipato al primo convegno tra cristiani e marxisti dell’Est e dell’Ovest che si è tenuto a Salisburgo. (…)      C’erano quasi 400 tra marxisti e cristiani dell’Est e dell’Ovest. C’erano uomini importanti. Dopo due giorni ero esausto. Dissi a mia moglie: «Non ne posso più» (…) Allora chiesi la parola. Dissi pressappoco così: «Abbiamo voluto fare un dialogo fra cristiani e marxisti. Va bene. Questo è il primo passo sulla strada del dialogo. Ma cosa abbiamo fatto per due giorni? Due monologhi.  Cioè i cristiani sono venuti alla tribuna e hanno detto tutti i crimini, tutti i gulag, tutti i massacri che hanno fatto i marxisti. Ed in seguito hanno esposto la loro verità di cristiani. I marxisti a loro volta hanno preso la parola ed hanno parlato delle crociate, delle guerre sante, di tut

OSLO, NOBEL PER LA PACE: SEDIA VUOTA PER NARGES MOHAMMADI

        Al centro una sedia vuota. Ai lati, Kiana e Ali, i due figli gemelli di Narges Mohammadi, Nobel per la Pace 2023.
    Nel giorno della consegna del premio, sul palco del municipio di Oslo va in scena la tragedia della repressione alla quale Teheran sottopone la sua gente, le donne prima di tutto.
     Narges, attivista iraniana per i diritti umani, non puo' ricevere il premio perche' dal 2021 e' rinchiusa nella prigione di Evin, l'inferno dei detenuti politici, a causa della sua campagna contro l'uso obbligatorio dell'hijab e contro la pena di morte. A farlo, al suo posto, sono i suoi due ragazzi, 17 anni, riusciti ad arrivare ad Oslo solo perche' dal 2015 vivono in esilio in Francia. Leggono un po' ciascuno il discorso scritto in cella dalla mamma che e' riuscita a farlo uscire di nascosto dalle "alte e fredde mura di una prigione" e dalla quale scaglia un attacco durissimo alla Guida Suprema Ali Khamenei e ai suoi.      Un "regime religioso tirannico e misogino" lo definisce Narges, che racconta la sua storia personale e quella del suo Paese con poche, scarne, pennellate. "Sono una donna mediorientale e vengo da una regione che, nonostante la sua ricca civilta', è ora intrappolata tra la guerra, il fuoco del terrorismo e l'estremismo", scrive la premio Nobel raccontando il presente ma guardando al futuro: "Il popolo iraniano smantellera' l'ostruzionismo e il dispotismo attraverso la sua perseveranza. Non abbiate dubbi: questo e' certo".
    Parole di una donna che, arrestata e condannata piu' volte negli ultimi decenni, non ha intenzione di mollare e continua a denunciare la repressione, la mancanza di un sistema giudiziario indipendente, la propaganda, la censura e la corruzione. E la cui lotta "è paragonabile a quella di Albert Lutuli, Desmond Tutu e Nelson Mandela, che ebbe luogo piu' di 30 anni prima della fine del sistema di apartheid in Sud Africa", afferma la presidente del Comitato norvegese per il Nobel Berit Reiss-Andersen evocando figure divenute leggendarie per chi lotta in tutto il mondo a favore dei diritti civili.
Narges Mohammadi
        Davanti alla famiglia reale norvegese e ai dignitari stranieri risuona 'Donna, Vita, Liberta'', la parola d'ordine che ha riempito le piazze di tutto il Paese dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda deceduta nel 2022 mentre era sotto la custodia della polizia morale, arrestata perche' non indossava il velo islamico in modo corretto e si intravedeva qualche ciocca di capelli. E che ha fatto oscillare paurosamente la stabilita' del regime degli Ayatollah che si e' salvato grazie a migliaia di arresti e all'assassinio di oltre 550 persone, tra le quali moltissime donne e ragazzini.
     "L'hijab obbligatorio imposto dal governo non e' ne' un obbligo religioso ne' una tradizione culturale, ma piuttosto un mezzo per mantenere l'autorita' e la sottomissione in tutta la societa'", scandiscono i figli di Mohammadi dando la propria voce a quella della mamma che proprio nel giorno della consegna del Nobel ha iniziato uno sciopero della fame "in solidarieta' con la minoranza religiosa baha'i" la piu' grande dell'Iran, bersaglio di una discriminazione mirata.
     Sullo sfondo del palco, una gigantografia di Narges, la folta e scura chioma riccioluta e scoperta. Da far venire i brividi a Khamenei. Alla fine, tutti in piedi per una standing ovation venata di emozione.
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 Intanto le autorita' iraniane hanno impedito di partire per Parigi per ritirare il Premio Sakharov ai genitori e al fratello della 22enne Mahsa Amini, la giovane curda-iraniana morta l'anno scorso mentre era sotto la custodia della polizia morale per avere indossato il velo non correttamente. Il premio e' stato assegnato postumo alla giovane vittima. Lo ha dichiarato all'Afp l'avvocato della famiglia in Francia. "Ai familiari e' stato vietato di salire sul volo che li avrebbe portati in Francia nonostante avessero il visto", ha detto Chirinne Ardakani. "I loro passaporti sono stati confiscati", ha aggiunto.


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